giovedì 3 aprile 2014
Camorra, arrestato Nicola Cosentino “Estorsione su vendita di carburanti”
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Addio Province, arriva il sì definitivo
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domenica 17 aprile 2011
Rapinano una guardia giurata che li manda in ospedale
NAPOLI - Hanno cercato di rapinare una coppia di fidanzati, ma lui, una guardia giurata, ha estratto la pistola e li ha feriti. Due giovani di 21 e 18 anni, sono ricoverati al Cardarelli di Napoli dopo il tentativo di rapina. I due, Pasquale Esposito (21 anni) e Gennaro Russo (18 anni), entrambi di Scampia, già noti alle forze dell'ordine, sono stati arrestati per rapina e sono piantonati in ospedale.
LA DINAMICA. Il vigilante si trovava con la fidanzata a bordo della sua auto sulla circonvallazione esterna di Casavatore (Napoli) quando è stato affiancato da quattro persone in sella a due scooter. I delinquenti, tutti con il casco in testa e armati di pistola, hanno minacciato la coppia, derubandola degli orologi che avevano al polso. Durante la rapina, però, la guardia giurata, un giovane di 20 anni, ha estratto la sua pistola, detenuta regolarmente, e ha sparato alcuni colpi contro i rapinatori, che sono scappati. Dopo circa mezz'ora, nell'ospedale Cardarelli di Napoli sono giunti due giovani con ferite d'arma da fuoco: Esposito ha riportato ferite più gravi rispetto a Russo.
Berlusconi: la scuola pubblica inculca insegnamenti di sinistra
Il Premier contro i piani di studio della scuola pubblica: secondo Berlusconi gli insegnamenti seguono ideologie di sinistra

Il Premier Silvio Berlusconi si pronuncia ancora contro la scuola pubblica italiana.
Secondo il primo ministro, che è intervenuto a Padova al Convegno dell'Associazione Nazionale delle Mamme, la scuola pubblica italiana non offrirebbe una giusta formazione ai ragazzi, i quali frequentando strutture pubbliche, sarebbero sottoposto ad insegnamenti orientati a sinistra.
Tutto ciò emerge da quanto dichiarato dal Premier, i genitori degli alunni possono scegliere "quale educazione dare ai loro figli e sottrarli a quegli insegnamenti di sinistra che nella scuola pubblica inculcano ideologie e valori diversi dal quelli della famiglia”.
In questo modo, si spinge le famiglie italiane ad iscrivere i propri figli alle scuole private italiane risultanti ultime nel mondo, oltretutto, per metodi di insegnamento e risultati finali riscontrabili negli alunni. La scuola pubblica e quella privata sono equivalenti, ma quelle private non devono essere, in alcun modo, finanziate o sostenute dallo Stato. Lo dice anche l'art. 33 della Costituzione italiana: “Enti privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”.
Sicuramente tanti sostengono la scuola pubblica, ma ci sono anche dei genitori che pur di evitarla, qualche hanno fa, propendevano per una "scuola fai da te" per sottrarre i figli dalla formazione pubblica, sempre più in bilico dopo la Riforma Gelmini.
Daniela Caruso
Ruini: "Wojtyla era Santo già da vivo ma non tutta la Chiesa lo capì subito"
Il suo pontificato è destinato "a restare nella storia per aver rilanciato la Chiesa e il cristianesimo, ma per aver pure contribuito a consolidare la pace e la riconciliazione tra i popoli"
di ORAZIO LA ROCCA
Papa Giovanni Paolo II e il cardinal Camillo Ruini
CITTA' DEL VATICANO - "Giovanni Paolo II era santo già da vivo. E per questo ai funerali dell'aprile del 2005 in tanti gridarono "Santo Subito", una implorazione fatta propria da Benedetto XVI che ha accorciato i tempi del processo canonico". La beatificazione di Wojtyla secondo il cardinale Camillo Ruini, uno dei più fidi compagni di viaggio del papa polacco essendo stato suo vicario per Roma dal 1991 al 2008, e presidente della Cei per gran parte del suo lungo pontificato, destinato - assicura il porporato - "a restare nella storia per aver rilanciato la Chiesa e il cristianesimo, ma per aver pure contribuito a consolidare la pace e la riconciliazione tra i popoli, l'attenzione a poveri ed oppressi, e a rafforzare l'unione europea coincisa anche con la caduta dei regimi comunisti".
Cardinale Camillo Ruini, Karol Wojtyla beato a soli 6 anni dalla morte: un record che suscita entusiasmi, ma anche critiche. Lei come lo spiega?
"Anzitutto con il fatto che Benedetto XVI, accogliendo la richiesta di un gran numero di Cardinali, ha dispensato dall'intervallo di cinque anni prescritto tra la morte e l'inizio della causa di beatificazione e canonizzazione. Ma dietro a ciò sta la convinzione, tanto diffusa quanto profonda, della santità di Giovanni Paolo II, convinzione espressa in modo ingenuo ma autentico con il grido di quella notte: "Santo subito"".
Non teme che la beatificazione possa mettere in ombra il carattere umano di Wojtyla?
"Non lo temo affatto, perché in lui il rapporto con Dio, quindi la sua santità, faceva tutt'uno con la sua ricca e prorompente umanità".
Lei, che è stato tra i più stretti collaboratori di Giovanni Paolo II, avrebbe mai immaginato che un giorno lo avrebbe venerato come beato?
"Non ci pensavo, anche perché ho sempre rifiutato di pensare e parlare della sua morte: quando altri, durante la sua malattia, avanzavano previsioni sul tempo che gli rimaneva da vivere, io troncavo il discorso e credo trasparisse il mio fastidio".
Secondo il cardinale Stanislao Dziwisz, per 40 anni segretario del prossimo beato, Giovanni Paolo II era santo già da vivo. Condivide?
"Certamente. Del resto, la santità viene riconosciuta dalla Chiesa solo dopo la morte, ma, se è reale, deve esserci durante la vita. Questo è anche il significato della beatificazione imminente".
Cosa l'ha colpita di più dell'esperienza umana e pastorale vissuta accanto a papa Wojtyla?
"La naturalezza con la quale questo Papa trovava in Dio, nella sua fede in Dio, l'energia interiore e il criterio delle sue decisioni, specialmente delle più difficili".
C'è qualche episodio ancora inedito legato agli anni di collaborazione con Giovanni Paolo II?
"Un episodio tra i tanti: il Papa che firma un'onorificenza per la mia governante, Pierina Scandiuzzi, sulla tavola della sala da pranzo in Vicariato, nell'unica occasione in cui fu mio ospite, per la beatificazione di Padre Pio da Pietrelcina".
Quali sono gli aspetti del pontificato wojtyliano destinati a entrare nei libri di storia?
"È il pontificato stesso che vi troverà spazio, certamente per la caduta dei regimi comunisti e la rinnovata unità dell'Europa che ne è seguita, ma anche per il grande rilancio della Chiesa e del cristianesimo di cui Giovanni Paolo II è stato protagonista. E non credo sarà passata sotto silenzio la sua opera per la pace e la riconciliazione tra i popoli, in particolare tra il Nord e il Sud del mondo".
Qualcuno sostiene che Wojtyla sia stato eccessivamente condizionato dalle vicende polacche, specialmente a causa dell'invasione nazista e dell'oppressione comunista.
"Karol Wojtyla, prima e dopo l'elezione al pontificato, ha sempre messo tutto se stesso dentro alla sua azione pastorale e non ha mai smesso di essere profondamente polacco. Anzi, ha ritenuto che l'elezione di un Papa slavo avesse un significato preciso nei disegni di Dio. Ha avuto inoltre una conoscenza della natura effettiva del nazismo e del comunismo che difficilmente può avere chi non ne ha fatto esperienza diretta. Ma questo Papa era anche aperto e desideroso, vorrei dire strutturalmente, di conoscere realtà e situazioni nuove e diverse. Così ha fatto nel suo pontificato, senza mai applicare schemi preconfezionati, bensì calandosi dentro alle varie realtà con grande amore e rispetto, per capirle e per indirizzarle verso Cristo dal loro interno".
Ma i 27 anni del pontificato di papa Wojtyla sono stati capiti dall'opinione pubblica o c'è qualche aspetto da maturare?
"Direi che sono stati capiti progressivamente. All'inizio le incomprensioni e le diffidenze erano molto, soprattutto a livello di ceti dirigenti, anche ecclesiastici, mentre il popolo spontaneamente simpatizzava con lui. Poi lo si è capito e amato sempre di più, fino a che è diventato la persona più amata del mondo. Capire però una persona fino in fondo non è dato ad alcuno, se non a Dio, specialmente quando si tratta di un santo".
Papa globe-trotter per i viaggi in tutto il mondo. Ma anche papa della pace e del dialogo interreligioso (la visita alla Sinagoga di Roma, il raduno di Assisi...), papa artefice della caduta del Muro o papa amato dai giovani... quali di questi giudizi Lei ritiene che sia stato più giusto e mirato?
"Ognuno di essi è giusto. La straordinarietà di Wojtyla stava anche in questo: in lui gli aspetti più diversi facevano tutt'uno, con grande naturalezza".
Si può dire che dietro ogni scelta di Wojtyla c'è stata sempre la mano dell'allora cardinale Joseph Ratzinger, nella veste di prefetto della Congregazione per la dottrina delle Fede?
"Si può dire certamente che l'allora cardinale Ratzinger è stato la mente teologica del pontificato. Di lui Giovanni Paolo II, non teologo di professione ma dotato di profonda e sicura sensibilità teologica, si è fidato pienamente, anzi ha avuto con lui una consonanza grande e spontanea, che ora è confermata dalla continuità degli indirizzi dell'attuale pontificato con quelli del precedente".
YARA: TRAMONTATA LA PISTA DELL'ELETTRICISTA POLACCO
10:48 17 APR 2011
(AGI) - Bergamo, 17 apr. - E' gia' tramontata la pista dell'elettricista polacco nelle indagini sull'omicidio di Yara Gambirasio, rilanciata l'altra sera dalla trasmissione Mediaset "Quarto Grado". Ma era tramontata, si scopre, gia' lo scorso novembre. Secondo la trasmissione tv, infatti, le forze dell'ordine sarebbero state impegnate nelle ricerche di un elettricista polacco che ha lavorato nel cantiere di Mapello a lungo al centro delle indagini, e che sarebbe improvvisamente partito la mattina del 27 novembre (giorno successivo alla scomparsa di Yara) dicendo che voleva tornare in patria e che da allora nessuno aveva piu' trovato.
Gli investigatori hanno ora chiarito che le cose non stanno cosi'. L'improvvisa partenza del polacco aveva si' insospettito i carabinieri, che pero' lo avevano subito rintracciato e chiarito che non aveva niente a che fare con la vicenda di Yara. Le verifiche avevano anche evidenziato che il suo cellulare, nelle ore della scomparsa della ragazzina, non era nemmeno nella zona di Brembate Sopra. (AGI) .
Arrigoni: gli assassini erano ancora nei ranghi di Hamas
Murale dedicato a Vittorio da un artista palestinese
Gaza, 17-04-2011
Avrebbe un nome anche il cittadino giordano sospettato di essere coinvolto nell'uccisione del volontario italiano nella Striscia di Gaza, Vittorio Arrigoni. Secondo il quotidiano israeliano Maariv, questi è noto negli ambienti salafiti di Gaza come 'Abdel Rahman il Giordano' e pare essere stato 'la mente' del sequestro di Arrigoni.
Il giornale aggiunge che era entrato a Gaza dal Sinai, passando per un tunnel del contrabbando e conferma che Hamas ha ora rafforzato i controlli nella zona di frontiera con l'Egitto per impedirgli di lasciare la Striscia.
Maariv scrive che i servizi di sicurezza di Hamas hanno appreso da un palestinese fermato e interrogato durante l'inchiesta, Haitem Salfiti, che proprio il giordano - legato al cosiddetto Jihad mondiale - ha progettato e partecipato al sequestro di Arrigoni con una cellula di salafiti palestinesi, conclusosi con la sua uccisione.
Secondo quanto l'Ansa ha appreso ieri da fonti investigative a Gaza, al momento risultano aver confessato due palestinesi arrestati, Farid Bahar e Tamer al-Hasasnah, identificati da Hamas come il killer di Arrigoni e uno dei basisti. Entrambi vengono descritti come jihadisti salafiti filo Al Qaida, fuoriusciti dal braccio armato di Hamas, ma rimasti in organico nei ranghi ufficiali della 'sicurezza nazionale' di Gaza.
La salma del pacifista italiano, dopo gli omaggi popolari di ieri, resta nel frattempo custodita nell'obitorio dell'ospedale Shifa di Gaza City. Potrebbe essere trasferita in Egitto oggi, o più probabilmente lunedì, tramite il valico di Rafah, per poi proseguire verso l'Italia. Lo si è appreso da fonti palestinesi ufficiali stando alle quali una legale italiana è partita proprio oggi per il Cairo, per conto della famiglia di Arrigoni, per occuparsi delle procedure necessarie.
La famiglia, come ha confermato la madre dell'ucciso, Egidia Beretta, vorrebbe evitare il passaggio del feretro attraverso Israele, per rispetto alla memoria dello scomparso e alla sua irriducibile battaglia contro le azioni israeliane nei Territori palestinesi. Battaglia che in almeno due casi costò a Vittorio Arrigoni provvedimenti di fermo da parte delle autorità dello Stato ebraico e duri periodi di detenzione.
Manifesti anti magistrati a Milano, Lassini resta in lista per le comunali
Manifesti Br
Roma, 17-04-2011
Il coordinatore lombardo del Pdl, Mario Mantovani, ha confermato che Roberto Lassini, l'uomo che dalle pagine del Giornale ha oggi rivelato di essere l'autore dei manifesti con su scritto "via le Br dalle procure" resterà nella lista del partito per le prossime elezioni comunali di Milano, lasciando agli elettori il giudizio.
"Sceglieranno i milanesi - ha detto Mantovani - arrivato alla convention del Pdl al Teatro Nuovo di Milano dove è atteso l'arrivo di Silvio Berlusconi - se sia opportuno o meno votare e far eleggere Roberto Lassini. La sua mi sembra una provocazione forse eccessiva, ma leggendo le sue parole sul Giornale di questa mattina ho apprezzato il suo rispetto per la buona magistratura".
"Noi condanniamo la lotta armata - ha aggiunto Mantovani - ma la lotta a colpi di avvisi di garanzia e di manette che certa magistratura utilizza non è certo da esaltare".
Per la Thyssen conto da nove milioni Inchiesta bis su dirigenti e consulenti
Nel nuovo procedimento accuse
di falsa testimonianza e omicidio
colposo per il rogo: 15 gli indagati
TORINO
«È stato doloroso». All’indomani di una sentenza di portata storica, capace di ridisegnare l’intera giurisprudenza sugli incidenti sul lavoro, il giudice Paola Dezani, si lascia sfuggire poche parole e ammette che il processo Thyssenkrupp è stato segnato da una profonda tensione emotiva. Dezani ha fatto parte - come giudice a latere - della Corte d’Assise presieduta dalla collega Maria Iannibelli. Del collegio facevano parte anche sei giudici popolari (due dei quali sono stati sostituiti nel corso del dibattimento) e più di una volta si è notato che almeno un paio di loro, durante le udienze, si sono commossi.
La storica sentenza di Torino equipara per la prima volta la morte sul lavoro di sette operai (uccisi dal rogo del 6 dicembre 2007) a un omicidio volontario: l’ad della Thyssenkrupp, Herald Espenhahn, è stato condannato a 16 anni e mezzo, come un vero e proprio omicida. Il timore che la Corte sia stata condizionata dalla pressione mediatica, dalla rabbia delle famiglie delle vittime e dal «clima ostile verso gli imputati» viene respinto, ma con poca convinzione, dall’avvocato difensore Ezio Audisio. «Sono giudici esperti e ben preparati. Certo che nessuna delle nostre argomentazioni è stata presa in esame. È come se non avessimo preso parte al processo». In molti, negli ambienti giudiziari torinesi, sono convinti che i giudici popolari abbiano messo in minoranza uno dei giudici togati.
Raffaele Guariniello, il capofila dei pm, si limita a dire di essersi ricreduto sull’efficacia di una giuria popolare. «Studiare le norme e valutare le prove è difficile, ma un giurato può portare del buonsenso. Linfa vitale, a volte, per la nostra magistratura». Per Audisio, invece, il dispositivo dimostra che «c’è stata assoluta coesione nel collegio». La sentenza, per Guariniello, lancia un monito ai cda delle grandi aziende. E anche Sacconi (che con Guariniello si tiene regolarmente in contatto) sottolinea che «la tragedia impone soprattutto una più diffusa prevenzione». E non è ancora finita: la Procura sta affilando le armi per la Thyssen-bis. I pm hanno chiesto e ottenuto dai giudici la trasmissione degli atti perché vogliono procedere contro l’ingegner Berardino Queto, collaboratore storico della Thyssenkrupp. Reati ipotizzati: omicidio colposo e rimozione volontaria di cautele. Al processo, è intervenuto come consulente della difesa. Ma i magistrati gli chiederanno conto del documento valutazione del rischio antincendio, che lui stesso, qualche anno fa, aveva messo a punto per l’azienda.
Altri filoni di indagine riguardano le false testimonianze (per tre persone la Corte ha consegnato le carte alla Procura), gli scarsi controlli dell’Asl, le responsabilità per il caso dei lavoratori colpiti da gravissimo stress emotivo dopo la tragedia. Per la Thyssenkrupp, in caso di condanne, potrebbero esserci altre somme da pagare. Il dispositivo ordina alla multinazionale di versare un totale di nove milioni e mezzo di euro fra indennizzi alle parti civili, pagamento delle spese processuali, sanzioni pecuniarie. Denaro che si aggiunge ai 12 milioni e 970 mila euro consegnati ai familiari delle vittime dopo il disastro. Il totale, finora, supera i 21 milioni. Ma in molti, come dice la sentenza di ieri, possono ancora fare causa civile: è il caso, per esempio, del Comune di Torino e di Antonio Boccuzzi, l’unico sopravvissuto al rogo. Per Guariniello la sentenza Thyssenkrupp «lancia un messaggio» ai consigli di amministrazione e a tutti i luoghi «dove le aziende prendono le grandi decisioni e decidono le politiche sulla sicurezza». Il pm Guariniello si aggancia all’orientamento della Cassazione secondo cui, nelle società per azioni, tutti i membri di un cda sono considerati datori di lavoro. «Da oggi - spiega - è possibile che la sentenza si riverberi sui ragionamenti che si fanno nei consigli di amministrazione. Le pene che si possono applicare (Espenhahn è stato condannato a sedici anni e mezzo di carcere, ndr) non sono teoriche. E allora qualcuno potrebbe chiedersi: "Se facciamo o non facciamo questo, se prendiamo o non prendiamo quel provvedimento, c’è il rischio che spuntino elementi di dolo tali da portarci in galera?"».
Il magistrato sottolinea che «il dolo non è applicabile meccanicamente a tutti i casi di infortunio sul lavoro. Noi - spiega - non lo abbiamo cercato. La nostra indagine era cominciata, come di consueto, per un omicidio colposo. Poi abbiamo trovato gli elementi che ci hanno portato a contestare il dolo. Ma abbiamo dovuto applicare metodologie di indagine nuove per gli incidenti sul lavoro, metodologie più tipiche da reati di criminalità organizzata: non abbiamo fatto un normale sopralluogo, abbiamo fatto delle perquisizioni, in cui determinante è stato il ruolo della Guardia di finanza, esaminando anche gli scambi di e.mail aziendali. Non ci siamo, insomma, fermati alle anomalie dello stabilimento: abbiamo cercato di capire perchè si erano create quelle anomalie». Di tenore opposto il commento della difesa che parla di «sentenza con aspetti esageratamente punitivi». Ezio Audisio, uno degli avvocati della Thyssenkrupp, il giorno dopo la pronuncia della Corte d’Assise di Torino spiega la posizione dei condannati: «È stata sposata - dice - la linea dei pubblici ministeri, che noi continuiamo a ritenere infondata. Sembra che nessuno dei nostri argomenti e delle nostre argomentazioni sia stata presa in esame. Come se noi non fossimo stati presenti al processo». Secondo Audisio non è probabile che la Corte sia stata condizionata «dal clima ostile alle difese e agli imputati» e dalla pressione dei media .«Ammetto - afferma - che sulle prime avevo avuto questa sensazione. Ma una Corte deve sapere fronteggiare tutto, e i giudici che hanno celebrato il nostro processo sono esperti, competenti e preparati».
Arrigoni,killer lavoravano in Hamas In organico nei servizi di sicurezza
foto Ap/Lapresse
22:04 - Emergono altri dettagli sulla morte del volontario italiano Vittorio Arrigoni. Erano in organico nei servizi di sicurezza di Hamas i due salafiti arrestati nella Striscia di Gaza. La cellula che avrebbe gestito direttamente il rapimento e l'uccisione di Arrigoni sarebbe stata composta in totale da cinque persone, tutte militanti salafiti, ma almeno in parte provenienti dalle file di Hamas.
Nicolas Cage arrestato per violenza domestica
Nicholas Cage (con Eva Mendez) a Venezia
New Orleans, 16-04-2011
Violenza domestica e disturbo della quiete pubblica: sarebbero queste le accuse per le quali Nicolas Cage e' stato arrestato all'alba di sabato a New Orleans. Lo riferisce 'Tmz.com' la bibbia del gossip americano. Secondo quanto scrive il sito, Cage era 'ubriaco' e a un certo punto, in strada, ha iniziato a discutere ad alta voce con la moglie Alice Kim.
Un tassista, dopo averlo visto spintonare la donna, ha avvertito la polizia. All'arrivo degli agenti - secondo la ricostruzione di Tmz - Cage li avrebbe provocati: "Perche' non mi arrestate?". I poliziotti lo avrebbero invitato a tornare a casa, ma lui avrebbe insistito. E cosi' i poliziotti lo hanno preso in custodia.
Cage è stato rilasciato dal carcere di Orleans Parish a seguito del pagamento di una cauzione di 11mila dollari.
Il protagonista di Face Off 47 anni, e' sposato con Alice Kim, un ex cameriera che lavorava al ristorante Kabuki di Los Angeles. Il matrimonio e' stato celebrato in un ranch privato della California il 30 luglio, poco piu di un'anno prima che nascesse il loro primo figlio, Kal-El.
Ha ancora una casa a New Orleans, nel 2009 a causa della crisi economica e i troppi debiti, era stato costretto a vendere alcune delle sue proprieta' proprio nella citta' della Louisiana, oltre a ville a Los Angeles, Las Vegas, Rhode Island e Germania.
sabato 16 aprile 2011
Thyssenkrupp, a.d. condannato per omicidio volontario
E' la notte del 6 dicembre 2007, quando un violento rogo divampa all'interno dell'acciaieria, in corso Regina Margherita a Torino.
I familiari delle vittime
Torino, 15-04-2011
La Corte di Assise di Torino ha riconosciuto l'omicidio volontario con dolo eventuale per i sette morti del rogo alla Thyssenkrupp. L'amministratore delegato dell'azienda, Herald Espenhahn, e' stato condannato a 16 anni e mezzo di reclusione. E' la prima volta che in Italia che in un processo per morti sul lavoro viene stabilito l'omicidio volontario.
Gli altri cinque dirigenti del processo per il rogo alla Thyssenkrupp sono stati condannati dalla Corte di Assise di Torino per cooperazione in omicidio colposo. La pena e' di 13 anni e mezzo per Marco Pucci, Gerald Priegnitz, Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri; a dieci anni e dieci mesi di reclusione e' stato condannato Daniele Moroni.
Sono state tutte accolte le richieste dell'accusa per gli imputati nel processo per il rogo dello stabilimento Thyssen di Torino. Solo per Daniele Moroni la Corte ha aumentato la pena a 10 anni e 10 mesi, i pm avevano chiesto 9 anni.
I giudici hanno quindi accolto in toto le richieste dei pubblici ministeri.
Tre anni fa un incendiò divambpò nelle acciaierie torinesi della Thyssenkrupp, causando la morte di 7 operai. Dopo 88 udienze, è terminato il processo di primo grado, che si e' aperto il 15 gennaio 2009.
E' la notte del 6 dicembre 2007, quando un violento rogo divampa all'interno dell'acciaeria, in corso Regina Margherita: da una vasca fuoriesce una quantita' di olio bollente in pressione, che in pochi attimi sviluppa un incendio. Non e' la prima volta che accade: un episodio simile, senza vittime, si era gia' verificato. Gli operai vengono travolti dal fuoco.
Un lavoratore muore dopo pochi minuti, altri sei perdono la vita nei giorni successivi. Si chiamano Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Rocco Marzo, Rosario Rodino', Bruno Santino, Antonio Schiavone, Roberto Scola.
Azienda: condanna dell'a.d. incomprensibile e inspiegabile
La condanna di Herald Espenhahn Nhahn in primo grado per "omicidio con dolo eventuale" in seguito al rogo di Torino' e' per la Thyssenkrupp "incomprensibile e inspiegabile". Lo si legge in un comunicato diffuso dall'azienda dopo la decisione dei giudici di Torino. "Per l'ulteriore corso del procedimento - si afferma ancora nella nota - si rimanda alle dichiarazioni degli avvocati difensori".
Il pm: svolta epocale
"Questa e' una svolta epocale, non era mai successo che per una vicenda di morti sul lavoro venisse riconosciuto il dolo eventuale": questa la prima dichiarazione del pm Raffaele Guariniello dopo la lettura della sentenza Thyssen, accolta in aula da un applauso. "Una condanna - ha detto - non e' mai una vittoria o una festa. Pero' questa condanna puo' significare molto per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Credo che da oggi in poi - ha concluso - i lavoratori possano contare molto di piu' sulla sicurezza e che le imprese possano essere invogliate a fare molto di piu' per la sicurezza".
giovedì 14 aprile 2011
Rapito un volontario italiano a Gaza
Vittorio Arrigoni
Roma, 14-04-2011
Un volontario italiano, Vittorio Arrigoni, è stato rapito oggi a Gaza da un gruppo islamico salafita.
Il gruppo in un filmato su You Tube minaccia di ucciderlo se entro 30 ore, a partire dalle ore 11 locali di stamane (le 10 in Italia), il governo di Hamas non libererà detenuti salafiti. Lo hanno riferito fonti stampa a Gaza.
Nel video, il cui sonoro è coperto da una musica, Arrigoni appare bendato, con il volto insanguinato, le mani probabilmente legate dietro la schiena. Una mano lo tiene per i capelli mentre scorre un messaggio in lingua araba in cui si afferma che il cittadino italiano è un'attivista arrivato a Gaza con dei barconi di solidarietà con aiuti umanitari. In sovraimpressione, nello stesso video postato però da ThisisGazaVoice, appare una scritta in inglese : "Il popolo di Gaza si dispiace per quello che questi bigotti hanno fatto a Vittorio. Siamo sicuri che presto sarà libero e salvo".
Accuse a Italia e Hamas, Arrigoni diffonde "vizi occidentali"
Ci sono accuse contro l'Italia e contro Hamas nel video su Youtube in cui appare Vittorio Arrigoni. Sotto le immagini scorre una scritta in arabo nella quale, stando a una libera traduzione, i rapitori accusano Arrigoni di diffondere "i vizi occidentali", il governo italiano di combattere contro i paesi musulmani e il governo del premier Ismail Haniyeh di lottare contro la Sharia (la legge religiosa musulmana).
Arrigoni era arrivato nell'agosto del 2008 come inviato del Manifesto.
Incidente sul lavoro, muore un operaio a Bari
Incidente sul lavoro, operaio muore in provincia di Bari
Bari, 14-04-2011
Un operaio romeno, dipendente di una impresa di Teramo, e' morto in un infortunio sul lavoro in uncantiere a Gioia del Colle (Ba).
Per cause in corso d'accertamento, l'operaio, da anni residente in Italia, e' precipitato al suolo dal tetto di un capannone alto una decina di metri.
Immediatamente soccorso dai compagni di lavoro, l'operaio e' morto durante il trasporto all'ospedale di Gioia del Colle. Nel cantiere sono intervenuti, per accertare le circostanze dell'incidente, anche gli ispettori dello Spesal.
Consigliere XX municipio ferito in strada a Roma
Il luogo dell'attentato, in Via Flaminia a Roma
Roma, 14-04-2011
Il consigliere circoscrizionale del XX municipio, nella zona nord della capitale, Andrea Antonini, è stato ferito a colpi di pistola ad una gamba mentre era in strada a Roma, in via Flaminia, a bordo di uno scooter. La vittima, trasportata in ospedale, non è in pericolo di vita.
Secondo quanto si è appreso due persone, anche loro a bordo di uno scooter e con il volto coperto dal casco, si sono avvicinate ad Antonini all'altezza del civico 872 di via Flaminia, esplodendo due colpi di pistola di piccolo calibro.
Il consigliere Antonini ha, in ambito municipale, la delega allo Sport. Sulla vicenda indaga la Digos di Roma e il commissariato Flaminio.
Dopo il processo breve, il ddl intercettazioni
Silvio Berlusocni
Roma, 14-04-2011
Dopo il bel risultato che abbiamo ottenuto ieri andiamo avanti con la legge sulle intercettazioni perche' intorno a questo provvedimento c'e' un grande consenso
popolare. Le gente non vuole sentirsi spiata. Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi, a quanto raccontano, nel corso del vertice a palazzo Grazioli con i capigruppo della
maggioranza.
Il guardasigilli, Angelino Alfano, si rechera' al Colle per spiegare al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, i contenuti del provvedimento sul processo
breve, chiarendo le "false notizie" sull'incidenza della prescrizione breve su alcune stragi, come quella di Viareggio, ha precisato ancora Silvio Berlusconi. A riferirlo e' il capogruppo dei Responsabili, Luciano Sardelli.
"Non ho assolutamente detto che Alfano sara' il mio successore. Ad una domanda specifica sul ministro Alfano, ho detto che e' uno capace. Ma poiche' siamo un partito
democratico, il mio successore lo decidera' il partito". Queste le parole del premier, Silvio Berlusconi, pronunciate sempre al vertice di maggioranza a Palazzo Grazioli e riportate dal capogruppo dei Responsabili, Luciano Sardelli.
Le mani dei Casalesi sul Nord-Est
29 le persone arrestate dai Carabinieri
Vicenza, 14-04-2011
Un'organizzazione mafiosa collegata al clan camorristico dei 'casalesi' e' stata sgominata dai carabinieri di Vicenza e dalla Direzione investigativa antimafia di Padova che hanno eseguito 29 provvedimenti restrittivi in Veneto, Lombardia, Sardegna, Campania e Puglia. L'operazione, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Venezia, e' l'epilogo delle indagini avviate nei confronti degli indagati accusati di associazione di tipo mafioso,usura, estorsione, esercizio abusivo dell'attività di intermediazione finanziaria, in danno di centinaia di imprenditori operanti prevalentemente nel nord-est, ma anche in alcune regioni del centro e del Mezzogiorno d'Italia.
I carabinieri hanno accertato, nell'ambito dell'inchiesta, che oltre 100 societa' sono state estorte, hanno ricostruito due episodi di sequestro di persona a scopo di estorsione, verificato 61 episodi di usura aggravata, 17 episodi di estorsione aggravata, il 'forzato' trasferimento di intere quote societarie dalle vittime ai loro aguzzini e il diffuso ricorso a illecite operazioni di attivita' di intermediazione finanziaria.
L'attività criminosa del 'gruppo', i cui vertici risultano riconducibili a 'clan' camorristici del casertano 'casalesi', resa particolarmente insidiosa dalla delicata congiuntura economica e dal ricorso a modalita' violente tipiche dell'associazione mafiosa, si concentrava su soggetti in difficolta' finanziaria, utilizzando come copertura lo schermo legale della societa' di recupero crediti 'Aspide', con sede principale in Padova, base logistica-direzionale da cui promanavano le direttive per i sodali sottordinati, venivano pianificate le attivita' di riscossione e le spedizioni punitive nei confronti dei debitori insolventi.
L'organizzazione, armata, gerarchicamente strutturata con distinzione di ruoli operativi, e diretta con spietata determinazione da Mario Crisci, detto 'il dottore' erogava crediti a tassi fortemente usurari (fino al 180% annuo) alle vittime, sino a soffocarle, costringendole a cedere le proprie attivita' economiche (imprese, società e beni valutati nell'ordine di svariati milioni di euro) o, talvolta, a procacciare per la struttura criminale nuovi "clienti" nel tentativo di arginare il proprio debito cresciuto vorticosamente in breve tempo.
Di fronte ai ritardi nel pagamento scattavano brutali pestaggi. Il denaro affluiva nelle "casse" del gruppo tramite l'ingegnoso sistema della carte poste-pay (ricaricate dalle elargizioni delle vittime) in dotazione ai sodali e serviva, inoltre, a distribuire fra di essi i compensi dell'attività criminale (veri e propri stipendi mensili). Parte dei proventi, infine, era destinata a soddisfare le necessità economiche di detenuti affiliati alla camorra e dei loro familiari.
L'attività investigativa, sviluppata attraverso intercettazioni telefoniche, servizi di osservazione e pedinamento, e con l'ausilio di sofisticati accertamenti tecnici del RIS dei Carabinieri di Parma e dell'Ufficio Supporti Tecnico-Investigativi della DIA di Roma, ha consentito il sequestro di una copiosa documentazione di rilevante interesse probatorio detenuta dall'organizzazione (assegni, cambiali e cessioni di credito aziendali degli usurati per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro), oltre ad armi e munizionamento da guerra.
Due cadaveri in un vagone ferroviario
Rilievi vicino al vagone ferroviario in cui sono stati trovati due cadaveri
Foggia, 14-04-2011
Due cadaveri - probabilmente di due cittadini dell'Est - in avanzato stato di decomposizione sono stati trovati ieri notte all'interno di un vagone ferroviario, nei pressi dello scalo merci ex parco militare, in via Trinitapoli, a Foggia.
La scoperta e' stata fatta da alcuni operai delle ferrovie, allertati da alcuni cittadini stranieri i quali hanno riferito che da un vagone ferroviario si propagava un cattivo odore. Giunti sul posto insieme con gli agenti della Polfer gli operai hanno trovato i corpi in decomposizione di due cittadini stranieri, presumibilmente, dell'Est.
Al momento non e' ancora possibile stabilire il giorno della morte ne' capire se siano morti per cause naturali o meno. Gli agenti della Polfer, nutrono dubbi sul fatto che possano essere morti entrambi nello stesso vagone e presumibilmente lo stesso giorno. Questo farebbe escludere una morte naturale.
I cadaveri erano nascosti da coperte e materassini in spugna e entrambi avevano il viso e parte della testa mangiucchiati da topi. Stamane verranno effettuati esami di polizia scientifica per cercare di identificare le vittime. Al momento il medico legale ha riferito di non poter stabilire se i due siano morti a causa di un colpo sferrato alla testa da un corpo contundente o se siano morti per cause naturali.
Un pezzo di metallo, piu' o meno a forma di pistone, con alcuni capelli in punta, e' stato sottoposto a sequestro dagli agenti della Polfer di Foggia che lo hanno trovato nel vagone ferroviario, nella stazione, dove ieri sera a tarda ora sono stati rinvenuti i cadaveri di due persone, probabilmente due cittadini dell'Est senza fissa dimora.
Il pezzo in metallo - ha detto il dirigente della Polfer di Foggia, Pantaleo Cassano - sara' sottoposto ad accertamenti per appurare se possa essere servito per colpire i due. E' intanto in corso un ulteriore accertamento da parte della polizia scientifica sui due cadaveri. " Non siamo ancora riusciti a identificare i corpi, - riferisce il dirigente della Polfer - anche perche' i due cadaveri sono praticamente irriconoscibili".
Le ricerche hanno consentito inoltre di trovare un cellulare che sara' esaminato attentamente nella speranza di trovare elementi utili per le indagini. Secondo il medico legale che ha compiuto un primo esame, non vi sono sui due cadaveri, all'esterno, evidenti lesioni provocate da armi da fuoco o da altri tipi di arma.
"Ho comprato palazzo Madama"
Roberto Benigni
Torino, 13-04-2011
"E' bellissima questa citta', cosi' piena di bandiere tricolori, cosi' intelligente, che ho pensato di comprarci una casa, ho cercato su internet e ho trovato Palazzo Madama. Poi c'e' anche un Palazzo Reale vicino, potrei farci il Casino Royal". Lo ha detto Roberto Benigni aprendo il suo show questa sera al Palaolimpico per la giornata inaugurale di 'Biennale Democrazia'.
Davanti a 9.000 persone che si sono conquistate i biglietti gratuiti con ore di code, Benigni ha introdotto il VI canto del Purgatorio parlando di attualita', in particolar modo di Silvio Berlusconi a cui ha dedicato la canzone "E' tutto mio".
"Maroni ha ragione, l'Europa dovrebbe aiutarci e portarci via un po' di tutte queste persone che creano problemi. Per esempio perche' non si porta in Francia La Russa? Ma anche, magari Frattini e Cicchitto? Perche' dobbiamo tenerceli tutti noi scusate tanto?" ha scherzato Benigni in apertura del suo show.
La piazza protesta, Santanchè insultata
Uno striscione dedicato alle vittime del crollo della casa dello Studente dell'Aquila
Roma, 13-04-2011
Mentre va in scena l'ultimo atto per l'approvazione alla Camera dei Deputati del processo breve in Piazza Montecitorio infuria la protesta del Popolo viola e dei familiari delle vittime. L'onda lunga del dissenso finisce per travolgere la deputata Daniela Santanche' che viene apostrofata dai manifestanti con parole dure ed invitata a dimettersi. Stessa sorte anche per tutti i parlamentari della maggioranza che attraversano la piazza per entrare alla Camera.
In Piazza Montecitorio cala il silenzio assoluto quando i familiari delle vittime iniziano a leggere i nomi dei loro cari morti nel terremoto de L'Aquila, nell'incidente ferroviario di Viareggio e nel rogo della Moby Prince. La calma pero' dura poco perche' subito dopo partono i cori di protesta contro il premier, Silvio Berlusconi, e contro la maggioranza di centrodestra.
Alle manifestazioni di protesta si aggiungono anche esponenti dei partiti di opposizione. Dal Pd all'Italia dei Valori, dalla Federazione della Sinistra a Futuro e Liberta'. Tutti d'accordo nel chiedere, attraverso cartelli e striscioni, di "cacciare il Presidente". In piazza c'era anche il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, che, dopo aver raccontato quanto sta accadendo in aula, lancia una provocazione. "Chiedo al ministro Alfano - ha detto Di Pietro - e al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi di dire al popolo di andare a votare ai referendum del 12 e 13 giugno, non solo sull'acqua e sul nucleare ma soprattutto su questa questione. Non lo faranno mai, ma noi li sfidiamo lo stesso".
Nel popolo del dissenso c'e' chi indossa cartelli di protesta e chi, invece, espone fotografie dei propri cari morti nelle stragi. E tutti sono sulla stessa lunghezza d'onda nel sostenere che il processo breve nega "la giustizia - sostengono i manifestanti - e ci nega anche la possibilita' di sapere perche' sono morti". Da un palchetto allestito alla buona una donna de L'Aquila, tra le lacrime, urla che "non potete lasciare la morte solo a noi". Uno dei cartelli ricorda inoltre che il processo breve e' solo per "salvare lui e provochera' amnistia per 25mila processi per strage, omicidio e violenza".