lunedì 28 febbraio 2011

Le varie ipotesi, maniaco o vendetta

Le ricerche del gruppo di esperti

Bergamo, 27-02-2011
"Vedrai che un giorno di primavera, quando si sara' sciolta la neve, qualche cercatore di funghi inciampera' in uno scheletro e allora comincera' davvero l'indagine". Parole profetiche, quelle di un investigatore che indaga sull'omicidio di Yara Gambirasio, la tredicenne scomparsa il 26 novembre scorso a Brembate Sopra (Bergamo), il cui cadavere e' stato trovato ieri pomeriggio in un campo di un paese vicino, Chignolo d'Isola.
Parole pronunciate dopo Natale, quando maggiore era lo sconforto della comunita' di fronte alla scarsita' degli indizi sulla sparizione, e che sono state condivise oggi da molti di coloro che erano impegnati nelle indagini: "Il caso Yara parte oggi", affermavano quasi all'unisono.

Tutti, infatti, sembrano concordare sul fatto che ora la partita e' finalmente aperta, e anche se non si e' riusciti a impedire la morte di Yara, ci sono buone probabilita' di individuare i suoi carnefici. Il caso, quindi, parte alle 15.15 di ieri, quando un aeromodellista sulla quarantina, che non trova il suo aeroplanino, nel cercarlo si imbatte nel cadavere in avanzato stato di decomposizione della piccola Yara. Subito cominciano a circolare le prime ipotesi, sommessamente, per via di un malcelato imbarazzo per l'aver trovato il corpicino della tredicenne a non piu' di trecento metri dal Comando della Polizia locale dell'Isola Bergamasca, proprio il centro che coordinava le ricerche dei volontari della protezione civile.
Ricerche che sono sicuramente state compiute, in quel posto, in almeno due occasioni: il 12 dicembre scorso, nell'ambito delle battute organizzate, e poco piu' tardi, informalmente, anche dai dipendenti dell'azienda proprietaria dell'area che avevano deciso, in modo inconsueto, di farlo autonomamente. "Io ci sono stato a cercare la', non c'era assolutamente niente", ha detto, questa mattina un operaio che lavora nella ditta Rosa & C., una Spa che produce laminati industriali, e che si estende, con i suoi capannoni, fino alla fine della strada asfaltata oltre la quale comincia il campo incolto dove sono stati trovati i resti.
Parole sicuramente in buona fede, come per tutti i volontari che si sono impegnati, senza risparmiarsi, per cercarla. Ma da alcune indiscrezioni, si capisce che non sempre sono stati all'altezza di un compito "da manuale". Il movimento a pettine delle squadre di volontari, di cui rimane traccia grazie ai gps in dotazione, non e' stato fatto sempre in modo coerente. Ci sono state sovrapposizioni di aree, gente in fila indiana nei boschi, cani usati in modo autonomo, cataste di legna nemmeno sollevate.
Insomma, in un'indagine nata con seri inciampi investigativi, e apparentemente proseguita senza uno spiccato coordinamento, anche le ricerche non sarebbero state fatte in modo tale da poter fornire certezze assolute. Tanto che ancora pochi giorni prima del ritrovamento di ieri, le forze dell'ordine, d'accordo con la proprieta' del cantiere di Mapello (dentro il quale, sulle prime, si erano concentrate le indagini) ancora sono tornate a spaccare tutte le solette di cemento stese in quei giorni di novembre, nonostante fossero state tutte ispezionate con i georadar.
Inoltre, se il cadavere di Yara fosse stato portato li' in un secondo momento, cio' aprirebbe inquietanti domande sul significato di un ritrovamento, a quel punto molto probabilmente voluto in concomitanza della data che segnava, ieri, i tre mesi dalla scomparsa di Yara. Un'ipotesi che sposterebbe l'attuale scenario per il quale gli investigatori sembrano tornare a propendere, quello del maniaco, in una storia di ipotetiche vendette, nelle quali si intersecherebbero le ombre che gravano sull'ambiente di lavoro in cui si muoveva papa' Gambirasio, che non si sono mai diradate.